L’ONU predispone il piano per il “ripopolamento” dell’Italia.

È stato pubblicato recentemente il piano dell’ONU che si presenta come uno studio, intitolato: «Replacement Migration:
is it a solution to declining and ageing populations?». Redatto dal Dipartimento degli Affari sociali ed economici dell’Onu, in questo studio vengono analizzati i movimenti migratori a partire dal 1995 e, attraverso modelli matematici, vengono prospettati diversi scenari che prevedono per l’Italia la “necessità” di far entrare tra i 35.088.000 e i 119.684.000 di immigrati, principalmente dall’Africa, per “rimpiazzare” i lavoratori italiani.


Visto che tra 36 anni gli over 65 saranno il 35% della popolazione e presupposto che il tasso di natalità per donna resti fermo a 1,2 bambini (negli Anni Cinquanta la media era 2,3), le Nazioni Unite prospettano come soluzione al problema demografico dell’Italia (e di altri paesi europei), quello di «rimpiazzare» (come riportato nel titolo del dossier) l’Europa che invecchia, con un massiccio afflusso di immigrati dall’Africa e dall’Asia.

Lo studio prende in considerazione gli immigrati, quasi sempre giovani, che dopo lo sbarco molto probabilmente si stabiliranno in Italia, dal nord al sud della penisola. Questi dovranno convivere con la popolazione autoctona, ma saranno molto più prolifici degli italiani. Di conseguenza, in un arco medio di tempo, l’Italia degli italiani si trasformerà in un «melting pot», un’insieme di razze, culture, religioni dove tra quarant’anni ci sarà ancora un nucleo di italiani, che non saranno più la maggioranza della popolazione.

Lo studio dell’ONU calcola circa ventiseimilioni di immigrati e i loro discendenti che risiederanno nelle varie città italiane nel 2050. Attualmente sono quasi 5 milioni, contro i 7,8 presenti in Germania.

Potrebbe sembrare assurdo e poco razionale un piano che prospetti di incrementare a tal punto una popolazione, in un territorio già super popolato e problematico come quello italiano. Considerando poi che in Italia esiste una disoccupazione giovanile che equivale al 43% non si capisce su quali basi si possa proporre un aumento di masse di immigrati che apporterebbero una completa destabilizzazione degli equilibri sociali già compromessi, a meno che non si voglia disporre di una massa di mano d’opera da sfruttamento per le nuove imprese transnazionali che si installeranno nel paese. Dai soloni dell’ONU, che non hanno mai risolto una sola situazione internazionale, ci si può aspettare di tutto e di più.

Questo dell’ONU in realtà non è soltanto uno studio teorico, ma un preciso piano elaborato da uno dei massimi organismi della strategia mondialista, quale è l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Un piano che prevede la distruzione degli Stati nazionali, l’omologazione di tutte i paesi, di ogni cultura, nella creazione di un unico grande mercato globale, dominato dall’elite finanziaria, nel progetto globale di quello che sarà un Nuovo Ordine Mondiale (NWO) obiettivo finale di tutti gli strateghi del mondialismo.

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Di fatto questo piano dell’ONU rientra perfettamente nel vecchio “piano Kalergi”, che pochi conoscono, ma che è alla base del progetto originario dell’Unione Europea. Non a caso il progetto viene appoggiato e sostenuto dalla Commissione Europea, che ha imposto all’Italia, come ad altri paesi europei, di accogliere le masse dei migranti clandestini che arrivano dall’Africa.

Richard Coudenhove Kalergi (1894-1972), personaggio storico sconosciuto all’opinione pubblica, mai citato nei libri di storia ufficiali e sconosciuto anche tra i deputati europei, è considerato come il vero padre di Maastricht, fondatore del paneuropeismo e del multiculturalismo.

Questo personaggio (austriaco ma nato a Tokio) nel suo libro «Praktischer Idealismus» pubblicato nel 1925, esponeva una sua visione multiculturalista e multi-etnicista dell’Europa, dichiarando che gli abitanti dei futuri “Stati Uniti d’Europa” non sarebbero più stati i popoli originali del Vecchio continente, bensì una nuova popolazione multietnica ottenuta da un processo di mescolanza razziale”

Kalergi, con le sue teorie, ebbe allora il sostegno finanziario del banchiere Max Warburg, che rappresentava la banca tedesca di Amburgo (la Banca Warburg). Consideriamo che il fratello di Max Warburg, Paul Warburg, trasferitosi negli USA, fu uno dei fondatori della FED (la Federal Reserve statunitense) oltre che leader del Council on Foreign Relation (il CFR), uno dei più importanti organismi della elite dominante.

In sintesi, il piano teorizzato da Kalergi prevedeva la necessità che i popoli d’Europa dovessero essere mescolati con africani ed asiatici, per distruggerne l’identità originale e le culture e creare un’unica popolazione meticcia, multiculturale, un concetto che sta alla base di tutte le politiche comunitarie volte all’integrazione e alla tutela delle minoranze. Secondo Kalergi, questa popolazione, mescolata e privata di una propria identità, avrebbe reso più facile il dominio della elite di potere sovranazionale. Benché nessun libro di scuola parli di Kalergi, le sue idee sono rimaste fra i principi ispiratori dell’odierna Unione Europea.

Da notare che, in suo onore, è stato istituito il “premio europeo Coudenhove Kalergi” che ogni due anni premia gli europeisti che si sono maggiormente distinti nel perseguire il suo piano criminale. Tra di loro troviamo nomi del calibro di Angela Merkel o Herman Van Rompuy.

I cittadini italiani non sono ancora consapevoli di cosa si stia preparando alle loro spalle e quale sia il livello di complicità dei governanti ed esponenti politici nazionali, degli alti rappresentanti delle istituzioni, come Matteo Renzi, il ministro Alfano, Laura Boldrini, noti esponenti del mondialismo e del modello multiculturale, di Giuliano Pisapia, sindaco di Milano e Ignazio Marino sindaco di Roma.

C’erano stati gli allarmi lanciati da una scienziata antropologa come Ida Magli, sul prossimo avvento dell’africanizzazione dell’Italia, ma non era stata ascoltata né presa sul serio. Le sue previsioni si stanno rivelando serie e fondate. Piuttosto la scienziata è stata emarginata dagli ambienti ufficiali della cultura e della docenza, poiché le sue affermazioni sono ritenute non allineate al pensiero “politicamente corretto”.

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